Condivido volentieri una newsletter che mi è arrivata da Cascina Bollate , vivaio-cooperativa sociale che come moltissimi ormai sapranno è nato nel dicembre 2007 nella Casa di Reclusione di Milano – Bollate grazie alla collaborazione appassionata di Susanna Magistretti. Esperienza consolidata da qualche anno, vede la partecipazione attiva di carcerati e volontari non solo impegnati sul fronte della vendita ( all’interno del carcere è allestito un vivaio didattico che è un vero catalogo vivente di piante intervallate anche da decine di pavimentazioni, un grande aiuto per scegliere come allestire gli abbinamenti ) che avviene anche attraverso innumerevoli esposizioni durante le mostre mercato floricole o per corrispondenza. Cascina Bollate è anche attiva sul fronte didattico-divulgativo con corsi di giardinaggio tenuti da Susanna all’interno della struttura o attraverso video reperibili sul sito e a newsletters, come questa che pubblico sul mio sito, inviate a chi desiderasse tenersi sempre informato.
www.cascinabollate.org
“Per i neofiti, e non solo per Gertrude Stein, una rosa è una rosa è una rosa. Forse perché ha una sua unicità misteriosa ed evocativa che non si spiega facilmente. I più romantici e leziosi la definiscono la regina del giardino, i più prosaici vanno sul sicuro e, tra i fiori di una bancarella, preferiscono, sempre e comunque, la rosa. E che abbia un fiore doppio, pieno e possibilmente rosso.
E’ stato così anche per i giardinieri di Cascina Bollate, all’inizio estasiati di fronte al fiore della Rosa ‘Papa Meilland’, un ibrido da taglio creato da un celeberrimo produttore di rose.
Pietro, il mastro rosaista di Cascina Bollate, quando ha cominciato a lavorare in vivaio, delle rose ricordava solo quella che in campagna veniva messa all’inizio dei filari d’uva. La prima a prendersi tutte le malattie del vigneto, dai pidocchi al mal bianco, usata come sentinella: quando la rosa si ammala è la vite che viene curata. Poi si è convertito al portamento più spampanato, esuberante e imprevedibile degli ibridi di moschata, ai fiori più semplici di molte rose antiche, ai colori indefiniti e così lontani dall’inequivocabilmente rosso della rosa-regina-dei-fiori. Pietro lavora ore e ore nel roseto del carcere di Bollate, lo tiene meticolosamente in ordine e pian piano le sbarre che lo circondano sono state seminascoste dai lunghi rami spinosi delle rose sarmentose, dalla Rosa ‘Albéric Barbier’ alla ‘Rambling Rector’.
Quest’ultima è ben più di una semplice rampicante, già il nome lo rivela: to ramble in inglese vuol dire errare, vagare e le rambler sono rose che vanno senza meta. Rosa ‘Rambling Rector’ ha origini himalayane ed è arrivata in Europa in tempi remoti; fiorisce una sola volta, ma in modo indimenticabile: grandi e innumerevoli mazzi di fiori piccoli e semi-doppi color crema che sfuma nel bianco, con stami giallo carico. Ha una crescita vigorosa e forma una intricata struttura di rami lunghi e flessuosi, con foglie piccole e scure. Ideale per coprire muri, pergole, capanni e per salire su vecchi tronchi ed alberi ad alto fusto, raggiunge i 10 metri e oltre. E’ profumatissima, adorata dalle api e, dopo i fiori, si copre di piccole bacche rosse che durano fino all’inverno inoltrato.
Non ama le potature, non ha bisogno di manutenzione e difficilmente si ammala. Può essere confinata in un vaso (che abbia almeno un diametro di 80 cm, però) ma è meglio lasciarla libera e in terra.
A proposito di bacche: rossi, arancioni e gialli sono i colori dei cinorrodi, il nome scientifico con cui vengono chiamate le bacche delle rose. E con quelle antiche si va sul sicuro: le rugose, gli ibridi di rosa moschata e le sarmentose ne producono a migliaia, in autunno. A condizione che, dopo la fioritura, non si taglino i fiori appassiti che, con il procedere della stagione, diventano frutti. Oltre ai colori, anche le forme delle bacche sono variabilissime: tonde, oblunghe, pendule, piatte, a riccio di castagna, a fiaschetta, a seconda delle diverse specie di rosa. Unica avvertenza: le bacche il più delle volte piacciono moltissimo anche a piccioni, merli, passeri e volatili in genere che finiscono per considerare le piante di rosa come una mensa gratuita. Nel caso lo facciano, la sola consolazione è sentirli cinguettare, sazi e soddisfatti.”
(pubblicato su Velvet, novembre 2010)